Biografia di Roberto Alberio
Dalla carriera nel mondo bancario al desiderio di aiutare gli altri. Un passaggio all’apparenza difficile senza un progetto di vita, solidi ideali e un grande amore per l’alpinismo e la montagna.
Da ragazzino ero convinto che in banca non avrei mai lavorato. Poi, un pò per caso, un pò spinto dal marito di mia sorella che già lavorava in quell’ambito, terminata la scuola commerciale nella svizzera interna ho iniziato la mia avventura in questo settore. Inizialmente ho operato in qualità di responsabile del commercio delle divise, in seguito nel servizio dedicato ai gestori di patrimoni esterni e, infine, come “ambasciatore” di un importante banca privata svizzera.
Un totale di 38 anni trascorsi nel settore bancario-finanziario, che mi hanno indubbiamente regalato tante soddisfazioni … ma anche tanti dolori. Ciò che più mi mancava nel mio lavoro erano i valori umani, troppo spesso messi da parte a scapito di quelli materiali.
Nel corso degli anni ho cercato di nutrire il mio animo “diverso” con attività ed impegni extraprofessionali. Durante gli anni Novanta, ho organizzato con mia moglie Manuela il Campo Kiwanis, un soggiorno estivo per adolescenti in difficoltà. Per sei estati di fila, con il supporto di “Gioventù e Sport”, abbiamo ospitato una cinquantina di ragazzi, proponendo attività sportive a contatto con la natura. Un’esperienza unica che ha dato tanto a noi, ai miei figli e ai tanti ragazzi che di anno in anno sono tornati entusiasti. per altri sei anni sono invece stato soccorritore nella Società Svizzera per cani da catastrofe. Quattro anni della mia vita li ho pure dedicati alla carriera militare, tra formazione e varie forme di comando.
Tante attività diverse che ho sempre svolto parallelamente alla mia professione che in qualche modo mi hanno aiutato ad andare avanti.
Quel sentimento di inadeguatezza si é fatto sentire con più intensità nel corso del 2010, costringendomi a fermarmi e riflettere. È stato allora che ho deciso, insieme a mia moglie di percorrere tutto il sentiero di Santiago, oltre 800 chilometri a piedi in 30 giorni. È stata un’esperienza fantastica che mi ha dato quella consapevolezza che da tempo andavo cercando, ma che solo attraverso un percorso intimo di lavoro su te stesso hai il coraggio di ammettere.
Al rientro in Svizzera, dopo 38 anni di banca, ho dato fede a ciò che già affermavo da ragazzino e ho voltato pagina. E l’ho fatto con il mio nuovo progetto Corda Tesa, una nuova sfida che unisce i miei ideali di vita con la montagna, la mia grande passione. Insieme all’Associazione delle Guide Alpine Ticino (GAT) abbiamo deciso di promuovere la passione per la montagna proponendo degli itinerari di diversa durata e difficoltà ad aziende ed organizzazioni come modalità di crescita delle risorse umane.
Perché la montagna? Amo la montagna da quando sono un bambino, anche se pratico l’alpinismo solo da una quindicina d’anni. Questo perché da sempre credevo che sarei andato in montagna soltanto fino a dove non avrei dovuto usare la corda. Poi l’incontro illuminante con la Guida alpina Luciano Schacher, che mi ha fatto amare l’alpinismo. Una passione che non mi ha più abbandonato. Ho scalato oltre la metà dei 4000 svizzeri, ho partecipato a due spedizioni sudamericane, l’Aconcagua ed il Mercedario nelle Ande argentine.
La montagna per me non é soltanto un piacevole passatempo, é un valore che nel corso degli anni mi ha aiutato a superare difficoltà e ha favorito la conoscenza di me stesso. La magia del silenzio che si percepisce durante le ascensioni lascia spazio ad un intenso dialogo con te stesso, che lentamente, man mano che sali verso la vetta, attraverso la fatica, fa crollare uno ad uno tutti i veli che col tempo ognuno di noi si é creato per poter sopravvivere all’interno delle proprie esistenze.
Così capita che rivivi situazioni che credevi dimenticate, riprendi il filo di riflessioni abbandonate da tempo, ti rimetti in discussione. Anche la più breve delle escursioni in quota richiede di darsi un obiettivo e perseguirlo, di essere previdenti amministrando bene le proprie forze.
Poi c’é il gruppo, la cordata. In una cordata la sicurezza di tutti dipende dalla responsabilità di ciascuno e viceversa. È quindi indispensabile fidarsi dell’altro. E se é pur vero che esiste la guida, il capocordata che ha il compito di guidare e dare sicurezza al gruppo, anche l’ultimo che chiude é altrettanto importante per la riuscita dell’impresa.
La mia prima spedizione in Sud America, l’Aconcagua é stata un parziale fallimento per me. Non ho raggiunto la vetta poiché non sono riuscito ad inserirmi armoniosamente nella cordata.
Durante queste spedizioni ognuno di noi si mostra senza veli e ha modo di valutare in che misura é in grado di gestire paura e stress, due componenti sempre presenti in alta quota.
A volte può tuttavia succedere l’irreparabile. Diversi gli amici che ho perso in quel modo. Penso in particolare alla Guida alpina Nicola Balestra , travolto fatalmente da una lastra di ghiaccio il 17 giugno 2007 sul Monte Bianco, che da allora é divenuto la mia guida spirituale durante le ascensioni.
Corda Tesa vuole essere anche un omaggio a lui, un tentativo di dare un senso per non dimenticare.
E poi ho solo 61 anni e ho voglia di buttarmi in questa nuova e difficile sfida con tanto entusiasmo. La scommessa é di riuscire a trasformare un hobby in una professione. Non so se ci riuscirò, ma ho ancora voglia di provare.
Roberto Alberio, fondatore di Corda Tesa